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Abbiamo bisogno di profeti

20 Giugno 2017

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di BEPPE ELIA
presidente nazionale del Meic

La visita di papa Francesco alle tombe di don Mazzolari e di don Milani è certamente un gesto di riconciliazione con due uomini di Dio che hanno vissuto intensamente la loro adesione al Vangelo e la loro appartenenza ecclesiale, circondati da molti sospetti, critiche severe, polemiche durissime. Ma è riduttivo interpretare questo viaggio come un puro atto di riparazione, o come semplice riconoscimento della loro presenza profetica, anticipatrice di un stagione nuova nella Chiesa e nella società.

In un tempo di grandi trasformazioni, esso è il segno che la loro testimonianza umile, rigorosa e fedele continua ad essere attuale, nello spirito che l'ha segnata e nell'esperienza che ci viene consegnata. Oggi, non meno di 50 o 60 anni fa, la loro vicenda umana e di fede non pacifica le coscienze, ma immette una profonda inquietudine nel cammino nostro e delle nostre comunità. E suscita reazioni anche dure, come se don Lorenzo e don Primo fossero ancora qui, a contestare con la loro lucida passione evangelica l'esclusione dei poveri, il torpore ecclesiale, l'incapacità di essere fratelli nella condivisione del pane e della cultura. Un illustre commentatore ha ancora recentemente chiamato don Milani "cattivo maestro", incolpandolo di essere un idealista responsabile di aver favorito "la brutta scuola di oggi".

Eppure la loro scelta non derivò da un'adesione ad un'idea, ma da uno sguardo profondo e acuto della realtà, da un abbassarsi amorevole verso a chi domandava qualcosa, da un bisogno di dar voce ai più semplici difendendoli dalla forza dei potenti. Sono stati uomini esigenti, verso se stessi anzitutto, e verso chi aveva il dovere di costruire una società più giusta e una Chiesa più radicata nel Vangelo. Per questo hanno anche sofferto, ma da cristiani, e senza alcuna alterigia, obbedendo alla loro coscienza, non hanno abbassato il capo. Perché i profeti sono fatti così, e di profeti come loro abbiamo oggi tanto bisogno.