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Guardare gli altri come fratelli e sorelle per salvare noi e il mondo

05 Ottobre 2020

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di ANDREA TORNIELLI (Vatican News)

Siamo circondati dalle "ombre di un mondo chiuso", ma c'è chi non si arrende all'avanzare del buio e continua a sognare, a sperare, a sporcarsi le mani impegnandosi a creare fraternità e amicizia sociale. La terza Guerra mondiale a pezzi è già iniziata, la logica di mercato fondata sul profitto appare vincente sulla buona politica, la cultura dello scarto sembra prevalere, il grido dei popoli della fame è inascoltato, ma c'è chi indica una via concreta per costruire un mondo diverso e più umano.

Cinque anni fa Papa Francesco pubblicava l'enciclica Laudato si' facendo cogliere in modo evidente le connessioni esistenti tra crisi ambientale, crisi sociale, guerre, migrazioni, povertà. E indicava un obiettivo da raggiungere: quello di un sistema economico e sociale più giusto e rispettoso del creato, che abbia al centro l'uomo custode della madre terra e non il denaro elevato a divinità assoluta. Oggi, con la nuova enciclica sociale Fratelli tutti, il Successore di Pietro mostra la via concreta per arrivare a quell'obiettivo: il riconoscersi fratelli e sorelle, fratelli perché figli, custodi l'uno dell'altro, tutti sulla stessa barca, come ha reso ancora più evidente la pandemia. La via per non arrenderci alla tentazione dell'homo homini lupus, dei nuovi muri, dell'isolamento, e guardare invece all'icona evangelica del Buon Samaritano, così attuale e fuori dagli schemi.

Il percorso indicato da Papa Francesco si fonda sul messaggio di Gesù che fa cadere ogni estraneità. Il cristiano è infatti chiamato a "riconoscere Cristo in ogni essere umano, per vederlo crocifisso nelle angosce degli abbandonati e dei dimenticati di questo mondo, e risorto in ogni fratello che si rialza in piedi". Ma quello della fraternità è un messaggio che può essere accolto, compreso, condiviso anche da uomini e donne credenti di altre fedi, come pure da tante donne e uomini non credenti.

La nuova enciclica si presenta come una summa del magistero sociale di Francesco, e raccoglie in modo sistematico gli spunti offerti da pronunciamenti, discorsi e interventi dei primi sette anni di pontificato. Un'origine e un'ispirazione è certamente rappresentata dal "Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza", firmato il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi insieme al Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayyib. Da quella dichiarazione comune, pietra miliare del dialogo fra le religioni, il Papa ripropone l'appello affinché si adotti il dialogo come via, la collaborazione comune come condotta e la conoscenza reciproca come metodo e criterio.

Sarebbe però riduttivo relegare la nuova enciclica soltanto all'ambito del dialogo interreligioso. Il messaggio di Fratelli tutti riguarda infatti ciascuno di noi. E contiene pagine illuminanti anche sull'impegno sociale e politico. Può sembrare paradossale che sia il Vescovo di Roma, voce nel deserto, a rilanciare oggi il progetto di una buona politica. Una politica in grado di riprendere il proprio ruolo, per troppo tempo demandato alla finanza e alla favola dei mercati che produrrebbero benessere per tutti senza bisogno di essere governati. C'è un intero capitolo dedicato all'agire politico vissuto come servizio e testimonianza di carità, che si alimenta di grandi ideali e progetta il domani pensando non al piccolo tornaconto elettorale ma al bene comune e specialmente al futuro delle nuove generazioni. Ancora, in un tempo in cui tanti Paesi si chiudono, è proprio il Papa a formulare l'invito a non perdere la fiducia negli organismi internazionali, pur bisognosi di riforme perché non siano soltanto i più forti a contare.

Tra le pagine più potenti dell'enciclica ci sono quelle dedicate alla condanna della guerra e al rifiuto della pena di morte. Sulla scia della Pacem in terris giovannea, a partire da uno sguardo realistico sugli esiti catastrofici che tanti conflitti degli ultimi decenni hanno avuto per le vite di milioni di persone innocenti, Francesco ricorda che oggi è molto difficile sostenere i criteri razionali maturati in altri secoli per parlare di una possibile "guerra giusta". Come pure risulta ingiustificato e inammissibile il ricorso alla pena capitale, che deve essere abolita in tutto il mondo.

È vero, come fa notare il Papa, "nel mondo attuale i sentimenti di appartenenza a una medesima umanità si indeboliscono, mentre il sogno di costruire insieme la giustizia e la pace sembra un'utopia di altri tempi". Ma c'è bisogno di tornare a sognare e soprattutto di realizzare insieme quel sogno. Prima che sia troppo tardi.