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Iraq, Gaza: e i cristiani d'Occidente dove sono?

10 Agosto 2014

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della PRESIDENZA NAZIONALE DEL MEIC

Per molti di noi questo è un tempo di vacanza, e vorremmo lasciarci alle spalle, almeno per un po’, le inquietudini e le fatiche della vita ordinaria. Anche le preoccupazioni per la nostra situazione economica, per il futuro del nostro paese, sembrano oggi attenuate nonostante i dati poco rassicuranti e l’atteggiamento distratto sui drammi sociali di molte famiglie.

Ma altre notizie, provenienti da paesi non lontani dal nostro, gettano una inquietudine che non possiamo sedare o allontanare dai nostri pensieri: uomini e soprattutto bambini, colpiti e uccisi nelle loro case  e nei rifugi in cui speravano di trovare riparo, intere popolazioni in fuga dalla barbarie e dalla disumanità che fa strage di persone, di luoghi  e di simboli, guerre fra cittadini dello stesso paese. Siamo angosciati perché molti cristiani, per la fedeltà alla loro fede, sono colpiti e annientati, ma non possiamo dimenticare che questo dolore ci unisce a quello di molti altri uomini e donne, di altra fede (compresi numerosi islamici) che vivono lo stesso terrore.

E di fronte a questol’Europa dov’è? Persa nei suoi equilibri di bilancio, nella preoccupazione di badare alla sua salute economica, nelle dispute infinite sulla sua organizzazione interna, pare non aver compreso che la pace conquistata entro i suoi confini in questi ultimi decenni, foriera anche di crescita economica (per quanto disuguale), non è un bene da difendere tenendo lontani persone e drammi angoscianti che si affollano poco distanti dalle sue frontiere. Perché l’egoismo rende ciechi, e invece solo guardando in volto chi è oppresso  e calpestato, si trova il coraggio per lavorare attivamente nel cuore di queste situazioni, individuando vie, che per quanto spesso non risolutive, generino qualche sollievo e alimentino una speranza.

E noi cristiani occidentali dove siamo? Abbiamo certo poche possibilità di incidere, di contare qualcosa, ma non possiamo essere muti o, peggio ancora, inerti. Non possiamo lasciare al solo papa Francesco il compito di parlare, di tessere rapporti, di attuare iniziative di pacificazione.

Invitiamo quindi tutti coloro che ci leggono, e in particolare gli amici dei gruppi MEIC, a promuovere o partecipare a iniziative che, a livello locale o nazionaleesprimano vicinanza ai fratelli e alle sorelle vittime di questa crudele ingiustizia, sostengano l'impegno di coloro che, a vario titolo, si stanno adoperando per risolvere o rendere meno cruenti i conflitti, sollecitino i responsabili delle nazioni a svolgere con decisione e coraggio il loro compito al servizio di tutta l’umanità sofferente.

E uniamoci agli uomini e alle donne di tutte le religioni, nella preghiera a Dio, perché ponga nel cuore di ognuno l’anelito a costruire la pace.