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Charlie, quella vita misteriosa che non capiamo pił

01 Luglio 2017

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di SIMONE ESPOSITO

Fra poco Charlie Gard morirà. Continuare con le terapie, con la respirazione artificiale, alimentare speranze inutili è accanimento terapeutico. E' quello che hanno stabilito prima i suoi medici del Great Ormond Street Hospital di Londra, poi l'Alta corte di giustizia del Regno Unito, nel "superiore interesse del minore". E ai giudici britannici ha dato il via libera finale anche la Corte di Strasburgo, non rilevando nella legislazione inglese e nella sentenza di Londra alcuna violazione alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

A nulla sono serviti i tentativi dei suoi genitori di far rispettare la loro volontà: quella di mantenere in vita loro figlio fino alla morte naturale. Hanno chiesto inutilmente prima il trasferimento negli Usa per tentare una terapia sperimentale ancora scientificamente non convalidata (e ormai, dopo mesi di ricorsi legali e a questo stadio della patologia, definitivamente impraticabile), infine almeno la possibilità di riportare a casa il bambino, per lasciarlo morire nella cameretta che non ha mai visto.

E così a Charlie Gard, 10 mesi di vita segnati da una rarissima malattia genetica e passati tutti in terapia intensiva, staccheranno la spina alle macchine che lo fanno respirare. Questione di pochi giorni, probabilmente di ore. Finisce così questa battaglia tra la scienza dei medici, la giustizia degli uomini e l'amore cocciuto di una madre e di un padre. Una battaglia troppo dura, che ha finito per spezzare l'alleanza fondamentale e irrinunciabile tra medico e paziente, e che è riuscita nell'impresa di staccare la spina, prima che a Charlie, alla pietà e alla comprensione verso chi ha chiesto di sperare un'ultima volta in un miracolo, poi semplicemente di rendere più umano l'addio al proprio figlio.

La vicenda di Charlie lascia feriti proprio per questo. Non c'è dubbio che ci sia un confine del dolore e della malattia - e questa è una tragica autentica di dolore e malattia - oltre il quale è necessario che ognuno abbia il diritto di rifiutare l'accanimento. Ma la libertà di scelta implica la possibilità che qualcuno scelga di vivere, di sperare contro ogni speranza. Una possibilità che un tribunale ha ritenuto di dover espropriare alla famiglia Gard. Una possibilità che sembra non avere più diritto di cittadinanza, come ha evidenziato il dibattito violentissimo di questi giorni che ha spaccato un'opinione pubblica molto più compatta quando si trova davanti alle richieste di eutanasia e di suicidio assistito. Un dibattito che stride col contegno mostrato tanto dai Gard quanto dai medici loro contrapposti, e che è l'ennesima spia che per questo nostro tempo efficientista e pelosamente pietoso la croce di Charlie sia troppo scandalosa. Troppo eloquente, in un mondo che "scarta" i deboli e i fragili, come denuncia a gran voce papa Francesco. E così, Charlie morirà, e morendo finalmente la smetterà, con le domande senza risposta della sua piccola esistenza misteriosa, di importunare le nostre grandi vite incapaci di comprenderlo.