Menu principale
In evidenza
BANNER 5X1000
banner facebook
Banner Giovani
Newsletter
Area riservata
News
PrintE-mail

#DISTANTIMAUNITI Liturgie virtuali in tempo di pandemia

07 Aprile 2020

Immagine

L'autore di queste righe non è né un liturgista né un espetto di comunicazione; è un cristiano laico, che ha avuto in passato qualche piccolo incarico di responsabilità nella Chiesa di Dio, e come tanti vive con grande dolore e sconvolgimento la situazione di quarantena-quaresima dovuta alla pandemia in corso.

di GUIDO CAMPANINI

Nel discorso tenuto alla Chiesa italiana in occasione del convegno ecclesiale di Firenze - più volte ripreso in seguito - il Santo Padre ha messo in guardia la Chiesa italiana da due tentazioni, dal rischio che ritornino nel corpo ecclesiale  due antiche eresie: il pelagianesimo - ossia il perfettismo, il sentirsi capaci di raggiungere la salvezza senza bisogno della misericordia di Dio e lo gnosticismo - ossia il considerare il cristianesimo una religione esclusivamente spirituale, finalizzata ad un ben-essere intimistico, che non si fa carico della carne malata e sofferente del fratello.

In altre parole, il Papa ci mette in guarda dal rischio di un cristianesimo individualista, teso unicamente alla propria salvezza, o meglio, al proprio benessere personale e spirituale, dimenticando così il mistero dell'Incarnazione, di un Dio che si fa carne, e carne debole, di un Cristo che si prende cura di ogni prossimo che incontra sulla sua strada - dagli sposi di Cana al malfattore crocifisso accanto a lui. Un cristianesimo intimista, potremmo dire, o anche un cristianesimo "virtuale", che al contatto diretto, personale, caldo, coi fratelli di fede o coi lontani, con i poveri e con i sofferenti, preferisce un approdo virtuale, freddo, mediato da strumenti di comunicazione che ci permettono di essere vicini a tutto il mondo, di poter dialogare, parlare (commentare, criticare, insultare...) con chiunque, ma senza "sporcarsi le mani", senza dover condividere un pezzo di strada, un percorso, nemmeno un caffè con gli altri).

Il cristianesimo invece, in particolare nella tradizione cattolica, è fatto (anche, se non soprattutto) di carne, di corpi, di contatti, di immagini, di segni visibili: e senza andare con la mente alle grandi processioni, alle grandi manifestazioni popolari-religiose (dove se mai si corre il rischio opposto di una "idolatria del segno", che non rimanda più all'Infinitamente Altro), basterebbe ricordare la dottrina dei sacramenti, segni visibili, concreti, naturale della grazia soprannaturale: l'acqua, l'olio, il pane, il vino, le mani, gli anelli, persino il sesso - se pensiamo che la "celebrazione" del matrimonio non è considerata tale nemmeno dai canonisti se non viene realizzata nell'unione fisica dei coniugi. L'amour de loin  degli antichi trovatori sembra essere tornato di moda, pur in altre, molto più carnali, modalità, al tempo degli smarphone e dei contatti virtuali - un rischio gnostico anche questo....

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

RISCHI

Ma questa orrenda stagione della pandemia dovuta al "Coronavirus - CO.VI.D 19", ci sta obbligando tutti a ringraziare il progresso tecnologico, informatico e telematico, che ci consente - pur chiusi nelle nostre case e nelle nostre stanze - di poter i n qualche modo continuare la scuola, leggere quotidiani, scambiarci foto, messaggi, video, lavorare a distanza, insomma, vivere una vita ancora "reale".

E questo è vero anche per la vita di fede, per la vita cristiana.

Certo, tutti noi conosciamo quel passo del Vangelo, che viene letto il giorno delle ceneri, dove Gesù ci invita a entrare nel chiuso delle nostre camere e lì pregare il padre che è nei cieli; e quindi la preghiera personale, solitaria, silenziosa non viene impedita dalle norme che ci chiudono in casa e ci impediscono di vedere - sentire - toccare - annusare - gustare la presenza degli altri.

Ma ci impedisce la partecipazione comunitaria alla vita sacramentale, ci impedisce di celebrare l'eucaristia, di vivere il sacramento della riconciliazione (per la verità, l'unico che forse potrebbe anche essere celebrato a distanza, via audio-video...), di celebrare battesimi, cresime, matrimoni, funerali; di fare gli incontri di catechismo, gli incontri di preghiera, le conferenze di teologia, la lettura comunitaria della Bibbia, ed anche, più prosaicamente, di organizzare i giochi per i bambini, le sfilate di carnevale, le tombole, le merende per gli anziani, le visite agli ammalati - perché non di solo pane eucaristico vive il cristiano ....

La vita cristiana ai tempi del COVID 19 ci costringe a pensare all'eroica testimonianza dei tanti testimoni e martiri del Vangelo che hanno subito - durante l'ultima guerra mondiale o dopo - persecuzione, prigioni, lager, gulag, torture ... Viene in mente Dietrich Bonhoeffer, testimone e cantore di una fede nuda, vissuta senza nessuna possibilità di avere con sé la Bibbia, la comunità, la celebrazione comunitaria, i santi segni... Oggi ci sentiamo anche noi come prigionieri, molto spesso anche del tutto soli, pur nelle nostre case e non in oscure prigioni.

In questo contesto, anche la Chiesa - come tutta la società  ha cercato di reinventarsi in questo tempo sospeso.

Così i nostri dispositivi - computer, tablet, smartphone, fino alla vecchia tv - ci consentono, come prima, più di prima - di assistere (non partecipare, però) a celebrazioni eucaristiche, a liturgie della parola, a catechesi; riceviamo proposte di preghiera da recitare in famiglia (per chi ce l'ha) o da soli; i nostri parroci ci inviano le loro omelie o le loro riflessioni sul Vangelo della domenica; canali cattolici o laici trasmettono in televisione Messe, rosari, meditazioni....

E stiamo così comprendendo che la Parola di Dio, che la fede cristiana, non è legata a questo o a quello strumento, che anche nella povertà del tempo presente è possibile pregare Dio, invocare il suo nome e la sua misericordia, pregare per i nostri defunti, implorare la liberazione dal male che ci affligge...

Quando il Santo Padre, sotto la pioggia, solo, in una immensa piazza deserta che simboleggiava anche visivamente il vuoto delle nostre città e la paura delle nostre anime, è salito verso la basilica vaticana, ha pregato davanti all'icona della Salus Populi romani e davanti al crocifisso di san Marcello al corso, quando ha adorato l'eucaristia e con l'ostensorio ha benedetto il mondo intero... in quel momento chi era davanti allo schermo non si è sentito solo: vedeva solo un uomo; ma era in comunione con quanti, nel mondo intero - credenti, meno credenti, diversamente credenti, non credenti  - erano collegati via etere con la stessa piazza, con lo stesso Papa, ricevendo anch'essi l'unica benedizione di Dio attraverso il Corpo eucaristico di Cristo.

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Ma cosa succederà quando torneremo, prima o poi, lentamente, alla normalità? Sarà stata una parentesi infelice, di cui parlare fra molti anni con figli e nipoti? Oppure la vita cristiana dopo la stagione dei "sacramenti virtuali", non tornerà quella di prima? I nostri parroci e i nostri catechisti ci manderanno i loro post, i loro video, le loro catechesi, e loro "esercizi spirituali" da svolgere?

Forse gli incontri di catechesi, le riunioni in parrocchia, le conferenze dell'Azione Cattolica verranno trasmesse anch'esse in streaming, al fine di consentire a chi non può (persone anziane, o malate, o comunque impossibilitate a venire fisicamente nella sala parrocchiale); forse qualche genitore, anziché mandare i figli in parrocchia, chiederanno alle catechiste di inviare la "lezione" sul telefonino, "che poi ci penso io"... forse in giornate troppo fredde o troppo calde ci accontenteremo di guardare la Messa in TV, "tanto il papa predica meglio del nostro don", e intanto che guardo posso fare anche dell'altro in casa mia...

Il rischio è quello di non avere più fame e sete del Corpo e del Sangue di Cristo.

Personalmente, e sino a questa stagione di forzato digiuno eucaristico e sacramentale, non avevo mai guardato la messa in TV, perché considero la celebrazione eucaristica la memoria della Cena del Signore: lo spezzare il pane, il condividere la mensa, il bere dallo stesso calice - tutte cose che non si possono fare "a distanza", virtualmente. E guardare la Messa in TV è come guardare gli amici in pizzeria che mangiano e bevono... la fame e la sete, a chi guarda, non passano.

Ecco perché ho parlato, all'inizio, del pericolo di un nuovo gnosticismo: ossia di un cristianesimo, virtuale, disincarnato, solitario, che tocca la nostra "mente" e non la nostra "vita", che non ci fa essere vera comunità. Un poco come se due sposi, due innamorati, dovessero amarsi solo da lontano - non per dolorosa necessità, ma per una scelta di comodità, di disimpegno. Condividere la casa ed il letto è piacevole, ma anche molto, molto impegnativo...

E l'altro rischio è quella di prenderci nuove abitudini: come non andrò più a prendere il giornale (e quindi a salutare il giornalaio, gli altri clienti, che incontro casualmente per strada), perché mi sono abbonato al quotidiano on-line, così la domenica sarà tentato di stare in casa, e di considerare la Chiesa una struttura virtuale mondiale (posso scegliere di assistere ad una qualsiasi delle infinite messe - celebrazioni  - catechesi - conferenze che il mondo  del web e youtube mi consentiranno  di vedere (anche messe e celebrazioni del passato: come riguardiamo le vecchie partite di calcio, possiamo rivedere Papa Giovanni o Papa Paolo o Giovanni Paolo I e II ....)

Ma la vita cristiana non è questo: è incontro vivo con Cristo vivo, è relazione concreta, reale, carnale con i fratelli e le sorelle di fede. E se la tecnologia ci consente che la comunione spirituale con chi è malato, lontano, solo possa assumere anche i contorni di una immagine viva, di una voce vera; se è vero che in tempi difficili come questo la vita di fede può e deve ugualmente essere coltivata nel silenzio di una casa, nella solitudine di una stanza, senza sacramento, senza comunità concreta, solo con la Parola e lo Spirito santo; è altrettanto vero che questa non è la situazione ordinaria della vita cristiana. La pandemia ci impedisce di uscire di casa anche per aiutare il nostro prossimo, per salutare la vicina sola, per partecipare a progetti di promozione della giustizia: la vita cristiana non è solo sacramento, non è solo preghiera, è - prima di tutto - condivisione e carità, se è vero che il simbolo del cristiano praticante nn è né il levita né il sacerdote della nota parabola.

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

OPPORTUNITA'

Una seconda serie di considerazioni - e di nuovo il lettore colto ed esperto perdoni una invasione in un campo che non è il mio.

Il medium è il messaggio - scriveva nel secolo scorso McLuhan, all'avvento della televisione di massa. Oggi gli schermi ed i mezzi si sono moltiplicati, la televisione è uno strumento passivo, internet ci connette e ci fa "partecipare".

La liturgia, o la catechesi, al tempo di internet può essere la medesima del tempo della televisione? Ed anche la televisione può rimanere la medesima nel tempo di internet?

Senza alcuna pretesa di scientificità o di esaustività, faccio alcune riflessioni in questo tempo di liturgie multimediali - perché anche quando ritorneremo ale liturgie vere, in presenza, mangiando del corpo e bevendo del sangue di Cristo, scambiandoci la pace e salutandoci affettuosamente tra fratelli e sorelle, scambiandoci li anelli nuziali e ricevendo l'acqua del battesimo o l'olio della cresima, dell'ordine o dei defunti, ascoltando dal vivo la parola di Dio ... anche allora potremo però continuare ad usare, per necessità o per scelta, gli strumenti della telematica. (Basti pensare ai tanti giovani  "erasmus" o fuori sede - che possono partecipare, se pure a distanza, a catechesi o riunioni delle comunità d'origine).

 

Ho assistito a messe teletrasmesse - dove la telecamera, sostanzialmente fissa, riprendeva la celebrazione come si riprendeva una partita di calcio ai tempi del bianco e nero. Mi chiedo se la letture non possano essere accompagnate dallo scorrimento del testo - o da immagini tratte dalla grande tradizione pittorica che illustrano quanto viene proclamato, o addirittura da passi di film o telefilm o sceneggiati sacri che si riferiscono al brano che si ascolta.

Si dirà che allora non è più una "messa" televisiva, ma qualcos'altro. Ebbene, ritengo che - appunto - se si cambia il mezzo occorre cambiare il messaggio. Le televisioni cattoliche (m anche canali pubblici o privati generalisti) si sono in gran parte limitati a trasmettere liturgie o preghiere pensate per la chiesa, per la liturgia in presenza: messe, rosari, adorazioni eucaristiche... Occorrerebbe, invece, a mio parere, inventare "trasmissioni liturgiche", o liturgie pensate e concepite per essere vissute a distanza - evidentemente rinunciando agli aspetti fisico-sacramentali, e puntando sulla Parola, sulle preghiera personale, anche dando spunti di ricerca attiva, suggerendo titoli, articoli di approfondimento, o rimandando a link, a filmati, ad altro...

L'interattività consentirebbe anche taluni interventi "dalle case", come hanno imparato a fare in tempi brevi maestre e docenti delle scuole - perché insegnare a distanza cambia non solo i modi, ma anche i contenuti dell'insegnamento.

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

Non per essere a tutti i costi "papista", ma tutti i commentatori, anche molto lontani dalla Chiesa (come Augias su "Repubblica", o il segretario del PSI Nencini con una lettera ad "Avvenire"), hanno sottolineato la straordinaria pregheira silenziosa del Papa quel venerdì della IV settimana di Quaresima. Poche parole, alcuni gesti - tutti assolutamente incarnati in quella drammatica situazione.

Una liturgia pensata per l'occasione, assolutamente inedita, e nella sua voluta non spettacolarità è risultata molto più eloquente di tante messe, rosari, omelie ascoltati in questi tempi di forzato digiuno di celebrazioni - dove spesso si sono ascoltate omelie astratte, che sembravano prescindere  dal dramma del momento... Ho sentito, nella V domenica di Quaresima, prediche che commentavano il miracolo di Betania con fini esegesi del testo evangelico; omelie che spiegavano la ricca simbologia del brano; disquisizioni sul senso critiano della morte contrapposto al nichilismo di taluni pensatori contemporanei (vedasi l'incipit polemico del card. Comastri che cita, per criticare, Flores d'Arcais, Montanelli, Scalfari). Il santo Padre, con due parole, ha unito un versetto del Vangelo ("Gesù scoppiò in pianto") col dolore, i lutti, le preoccupazioni di tante famiglie e di tante persone sparse nel mondo: "questa è la domenica del pianto".

 

°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°

 

Che questo sin troppo lungo "digiuno eucaristico e sacramentale" possa aiutare la Chiesa cattolica ad essere meno sacramentale e più catechetica, meno liturgica e più conversante (come Gesù verso Emmaus), per superare il rischio di tornare a fare della liturgia uno spettacolo televisivo (come in epoca barocca, se pur con altri mezzi) e per trovare invece nuove forme di culto, di preghiera, di predicazione e di meditazione, che ci consentano di vivere una vita cristiana comunitaria anche rimanendo chiusi nelle nostre case - ma aperti agli altri fedeli  non tanto tramite le connessioni telematiche, quanto in forza dello Spirito Santo.


 

Francesco, Discorso del Santo Padre in occasione dell'Incontro con i Rappresentanti del Convegno Nazionale della Chiesa italiana Cattedrale di Firenze - 10 novembre 2015; cfr. sito www.vatican.va :

"Le tentazioni da affrontare sono tante. Ve ne presento almeno due. La prima di esse è quella pelagiana. (......) Una seconda tentazione da sconfiggere è quella dello gnosticismo. Essa porta a confidare nel ragionamento logico e chiaro, il quale però perde la tenerezza della carne del fratello.".

Sul neo-gnosticismo è intervenuta anche la Congregazione per la dottrina della Fede. Mi permetto di citare un mio studio di qualche anno fa - Guido Campanini, Secolarizzazione o nichilismo neognostico?, in  Studium, n. 3/1995,  pp. 383 - 394.

Gv 1,14: "Il Verbo s è fatto carne", "O Logos egheneto sarx" - sarx, carne, da cui ad esempio  "sarcofago". Nel Mistero dell'Incarnazione è già presente il Mistero della Croce....

Cfr. Denis de Rougemont, L'amore e l'Occidente, Milano 1998  (ed. orig. 1939, rivista 1972), dove l'autore mette in relazione la concezione dell'amore del tempo dei trovatori con l'eresia catara e le concezioni gnostiche ben presenti nel mondo medievale.