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"Se sei Figlio di Dio..."

14 Marzo 2011

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di DON CATALDO ZUCCARO

(Omelia pronunciata il 13 marzo 2011 - I domenica di Quaresima anno A - al Consiglio nazionale Meic)

La liturgia della Parola ci mette davanti al racconto delle tentazioni: quella dei nostri progenitori e quella di Gesù nel deserto. Tanti commenti hanno spiegato la tipologia delle tentazioni di Gesù comprendendole sotto il profilo del piacere, della ricchezza e del potere. Tentazioni da cui nemmeno noi siamo immuni. Nondimeno, vorrei rileggere l'episodio come il tentativo diabolico di mettere alla prova Gesù su un unico versante. Pertanto, non voglio riflettere sulle tentazioni, ma sulla tentazione al singolare. Infatti, le varie forme di prova si possono unificare attorno alla tentazione circa l'identità di Gesù.

«Se sei Figlio di Dio...» questa è una sorta di tautologia. Il diavolo sa bene che Gesù è ormai consapevole della sua identità, per cui in bocca a lui questa affermazione più che un dubbio, diventa una specie di professione di fede. Del resto, sia Mc 1,24 che Lc 4,34 proprio dopo le tentazioni narrano la vicenda dell'indemoniato guarito, dove espressamente il diavolo riconosce l'identità divina: «Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!».

La tentazione vera, invece, è quella di indurre Gesù ripensare la sua identità di figlio di Dio lontano dai criteri ispirati dalla volontà del Padre che lo conducono alla morte attraverso la via crucis. Questa è la sottigliezza, ma anche la pericolosità della tentazione. È come se Satana dicesse: sappiamo bene ambedue che sei Figlio di Dio, ma perché devi interpretare la tua identità in modo così scomodo, infruttuoso, sterile, senza alcun guadagno, da perdente? Non vedi che il tuo essere Figlio di Dio ti pone nella condizione reale di trovare un'alternativa; realmente puoi vivere riscattando la tua autonomia nei confronti di tuo Padre. Cosa vuoi che ti succeda se compi un miracolo per te? È la tentazione di Adamo ed Eva che il serpente invita a riscattarsi dalla dipendenza nei confronti di Dio «Non morirete affatto, ma diventerete come Dio».

«Se sei Figlio di Dio...» Questa è l'insinuazione di quel sibilo demoniaco che propone un'alternativa tutt'altro che irreale all'identità di Gesù: credere che come figlio non avrà alcun futuro se non uccide il Padre. Proprio come una volta fece con i progenitori: «Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male». La tentazione di togliere di mezzo Dio per riappropriarsi finalmente della propria identità.

In realtà, questa tentazione lega come un filo rosso la vita di Gesù. Il diavolo, infatti, gli si presenta ancora quando Gesù sta istruendo gli apostoli circa la sua passione. In quell'occasione parla per bocca di Pietro che «lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» (Mt 16,23 e Mc 8,33). Gesù dice a Pietro di tornare sui banchi di scuola ad imparare la lezione del Padre, perché la sua non è la prospettiva di Dio, ma del diavolo. Come sappiamo, il sibilo del dubbio che mette alla prova la fedeltà di Gesù alla volontà del Padre esce per l'ultima volta dalla bocca dei giudei che assistono alla sua morte: «Se tu sei Figlio di Dio  scendi dalla croce!» (Mt 27, 40).

Anche per noi le tentazioni sono al plurale, ma esiste anche la tentazione al singolare, quella radicale di voler guidare la nostra vita, di essere noi a tenere in mano il timone dell'esistenza e indirizzarla dove vogliamo. E Dio? Dio talvolta può essere una vernice esterna che copre una vita ispirata da progetti propri. Prima ancora che chiedersi cosa occorre cambiare, è opportuno in questo tempo di quaresima verificare se effettivamente siamo in grado di assecondare quanto Dio potrebbe chiederci. Voglio dire che arrendersi alla volontà di Dio non ci assicura in ogni circostanza che indoviniamo ciò che lui vuole da noi. Ma, per certo, questo non potrà mai succedere se alla base non siamo pronti ad aderire alla sua prospettiva. Tu offri campo libero a Dio e poi prova a vedere che succede. Lasciarsi plasmare la propria identità da lui e dai nostri fratelli, rinunciando a cercarla in modo autoreferenziale. Fino a poter dire con san Paolo «non vivo più io, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20).