MONDOVI' "Credere in Dio nell’epoca del disincanto"
07 Dicembre 2011
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Il gruppo Meic di Mondovì propone un percorso di incontri mensili nello
stile del “seminario”, sul tema: «Credere in Dio nell’epoca del
disincanto», come indicato dal sottotitolo del libro che farà da guida,
«L’umanità della fede» (Effatà 2011), recentemente pubblicato dal
teologo Duilio Albarello. L’appuntamento iniziale si è già tenuto martedì 6
dicembre.
Nel nostro mondo, abituato ad indagare le cose con la
precisione molecolare dello sguardo scientifico, c’è ancora posto per
Dio? Possiamo ancora inviare un pensiero al Trascendente? E se sì, si
tratta di un Dio implicato nella vita di ciascuno o semplicemente
relegato a soprammobile nell’alto dei cieli?
Ancora troppo spesso
siamo abituati a separare il sacro dal profano, relegando la questione
di Dio come se il divino non fosse coinvolto nella vita degli uomini che
camminano sulla terra, o peggio, come se il divino fosse
minacciosamente compromesso con il male nel mondo.
La teologia del
Novecento ha raggiunto una conquista fondamentale: il passaggio da
un’impostazione metafisica della sua riflessione ad una fenomenologica,
cioè a partire dall’osservazione del dato concreto, di come sono fatti
il mondo e le creature che lo abitano. Allora si guarda all’uomo, a come
viene alla luce: un essere a cui viene data la vita da altri, sotto
forma di dono promettente che apre il desiderio verso un compimento
felice. Nel percorso che struttura l’identità umana, fin dalla sua
origine, occorre che qualcun altro ci dica chi siamo, perché la nostra
condizione di finitezza richiede una forza che ci sostenga, in anticipo.
La
vita appare bella nel suo sbocciare, ci viene incontro come promessa di
bene ogni volta che qualcuno si occupa di noi: i genitori innanzitutto,
ma in generale chiunque ponga un gesto di cura e di tenerezza a nostro
favore. Quando riusciamo a stabilire relazioni di reciproca dedizione,
lì pregustiamo cosa sia la felicità ovvero la realizzazione della
libertà che ciascuno è chiamato a diventare. Le ricerche sociologiche
riportano infatti che, al di sopra di un livello decoroso di
sussistenza, non è il denaro, cioè il benessere, ad incidere sulla
felicità percepita dagli intervistati, ma la bontà delle relazioni, cioè
il bene.
E quando è così, vorremmo che non finisse mai, che le cose
migliori fossero custodite e valorizzate per sempre, che gli affetti
che contano non si perdessero, ma che anzi continuassero ad evolvere per
scoprire ancora qualcosa di nuovo nell’amore che ci unisce. Allora dal
profondo sale l’intuizione che sia possibile un compimento felice per
l’esistenza. Ma è fondato questo desiderio? O è soltanto un’illusione?
Qual è il senso di credere in Dio nel nostro tempo smaliziato? E se sì,
in quale figura di Dio?
Da queste domande il gruppo monregalese del
MEIC partirà a riflettere, nel percorso proposto. La partecipazione è
libera e aperta a tutti coloro che desiderano condividere l’intrigante
bellezza dell’umano interrogare.
(da Grandain.com)