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Di povertà si muore

02 Febbraio 2016

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di BEPPE ELIA

C'è un dato inquietante che l'ISTAT ha comunicato a fine 2015 e sul quale è calato presto un grande silenzio: il numero di morti in Italia nei primi 8 mesi del 2015 è cresciuto dell'11% rispetto all'anno precedente.

Pur non potendo ancora avere chiare le ragioni di questa inattesa e repentina modifica negli andamenti demografici del nostro paese (lo stesso istituto di statistica invita alla prudenza nella valutazione), qualche riflessione dobbiamo pur farla. Perché una inversione di tendenza così imponente è comunque un segnale.

Probabilmente è vero che ci possono essere all'origine di questa situazione delle ragioni di tipo sanitario-assistenziale (il minor ricorso alle vaccinazioni influenzali, la diminuzione dei sostegni alle persone e alle famiglie... ), o l'invecchiamento della popolazione, ma altre sembrano essere le motivazioni più significative.

A cominciare dal quadro socio-economico, che ha visto questi ultimi anni impennarsi il numero dei poveri e accrescersi il divario fra chi possiede molto e chi non ha i mezzi per una esistenza dignitosa: e inevitabilmente questo si traduce, in qualunque paese, in un peggioramento nelle condizioni di salute di chi vive ai gradini più bassi della scala sociale (correlato all'alimentazione inadeguata, alle condizioni igieniche insufficienti, agli stili di vita poco salutari, al minor ricorso alle strutture sanitarie).

Il disegno di legge sul contrasto alla povertà, recentemente emanato e che avremo modo di commentare, è una prima risposta anche a questo stato di cose. Ma molto altro si deve ancora fare per riequilibrare questa nostra società. I numeri delle statistiche sono ben poca cosa se non sappiamo trarre da essi una lezione per il futuro. Leggerli e interpretarli non ci basta più, se non comprendiamo che essi celano una umanità fragile cui dobbiamo una risposta di giustizia.