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Il referendum va preso sul serio

15 Aprile 2016

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di BEPPE ELIA

Il prossimo referendum sulle trivellazioni in mare entro le 12 miglia marine rischia di passare tra un diffuso disinteresse. Il quesito referendario presenta molti aspetti di natura ambientale, energetica, economica, di salvaguardia dei posti di lavoro che non sono facilmente comprensibili nel loro insieme a chi non li abbia approfonditi.

Si corre quindi il rischio di decidere in base a valutazioni superficiali: votando ad esempio sì perche si ritiene che avere delle piattaforme di estrazione a pochi chilometri dalle coste comprometta il turismo o la pesca, e quindi ciò sia più importante della perdita dei posti di lavoro connessi alle attività di trivellazione, o votando no per le ragioni diametralmente opposte.

Più grave ancora è un altro rischio: che non si vada a votare perché non si sa scegliere e si pensa di non possedere gli strumenti di conoscenza adeguati, unendosi in tal modo alle folte schiere che presumibilmente non si recheranno alle urne per disinteresse o per la crescente disaffezione verso ogni forma partecipativa.

Spiace molto che lo stesso Presidente del Consiglio abbia suggerito questa via, utilizzandola strumentalmente per far fallire il referendum: se si è contrari all'oggetto del quesito è buona regola esprimere un voto negativo, non istigare a tenersi lontani dai seggi. A maggior ragione in un tempo in cui l'astensionismo sta assumendo dimensioni che dovrebbero preoccupare ogni governante.

L'unica strada possibile,  a fronte di questa situazione, è informarci in modo puntuale (non mancano siti che forniscono dati e pubblicano analisi delle questioni) e decidere con coscienza e responsabilità. Il referendum è pur sempre uno strumento della nostra democrazia e merita di essere preso sul serio.